Diritti in sospeso
22 Luglio 2024
“Quello che per i/le giovani italiani/e “di nascita” è un traguardo bello, festeggiato e desiderato, ovvero il compimento dei 18 anni, per chi ha un background migratorio rappresenta invece l’esatto opposto.
Per i minori stranieri non accompagnati compiere 18 anni significa accelerare, da un giorno all’altro, un processo di adultizzazione forzata già in atto e che diventa senza alcuna tutela.
Per le cosiddette seconde generazioni, invece, simboleggia l’inizio della “battaglia burocratica” che dovranno affrontare per vedersi riconosciuto quello che dovrebbe essere un loro diritto: la cittadinanza italiana.
In entrambe i casi ciò che emerge è che a chiunque abbia, in un qualunque modo, un background migratorio viene sempre e comunque chiesto di “dimostrare il doppio”: nella preparazione scolastica, nella ricerca di un lavoro, nel padroneggiare la lingua italiana, nelle garanzie richieste per avere una casa…
In ogni cosa per cui ad un/a italiano/a di nascita non verrebbe chiesto lo stesso.
Queste cose ti rubano i sogni. Ti smantellano la fiducia. Ti impediscono il desiderare.
È impossibile, davanti a tutto ciò, non pensare che alla base di tutto ciò non ci sia un’impronta razzista di questo Paese; un’impronta che ancora si fa fatica a riconoscere appieno e su cui si fa fatica a lavorare.
È sempre bello, di contro, ascoltare le storie delle persone (in aggiunta alle considerazioni teoriche e di studio) perchè ti porta nella vita vera di ciò che è possibile fare e che è possibile cambiare.”
A seguito della presentazione di “Ragazzi Sospesi. I neomaggiorenni stranieri verso l’autonomia” – di Elena de Filippo, Glauco Iermano e Giovanna Tizzi – vogliamo condividere una considerazione, anzi un’associazione d’idee, che l’incontro ha suscitato in una delle nostre operatrici.
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